Martedì 15 maggio 2018 alle ore 17.00, la Biblioteca Centro Culturale “R. Livatino” propone, in collaborazione con l’associazione culturale MarranzAtomo, la conferenza Ettore Majorana: l’uomo, il genio, il mistero. Relatore della conferenza sarà il presidente dell’associazione MarranzAtomo Antonino Magrì e concluderà la serata un libero recital dei poeti presenti.
Relatore: Antonino Magrì, presidente
dell’associazione Marranzatomo dell’associazione Marranzatomo
Il tema riguarderà la biografia di Majorana, i suoi dialoghi con Enrico Fermi, il suo incontro con Heisemberg, la sua visione sulla Germania e sulle prime deportazioni degli ebrei durante i primi anni della rivoluzione nazista. Majorana ebbe la cattedra di professore di Fisica Teorica all’Università di Napoli e i suoi studi diedero un contributo fondamentale allo sviluppo della fisica moderna. La conferenza tratterà della sua misteriosa scomparsa, delle ricerche senza esito per il suo ritrovamento e le varie ipotesi che furono fatte allora.
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Ettore Majorana
l’uomo, il genio, il mistero *
Ettore Majorana, penultimo di cinque fratelli, nacque a Catania in via Etnea 251 il 5 agosto del 1906 da Fabio Massimo Majorana (1875-1934) e da Dorina Corso (1876-1965). Il nonno di Ettore, Salvatore Majorana-Calatabiano (1825-1897), fu deputato dalla nona alla tredicesima legislatura nelle file della sinistra, due volte ministro dell’Agricoltura, Industria e Commercio nel primo e terzo governo Depretis (1876/1879) e senatore nel 1879.
Il padre, ultimo di cinque fratelli, si era laureato a diciannove anni in Ingegneria e quindi in Scienze fisiche e matematiche. Gli altri quattro fratelli del padre erano Giuseppe, giurista, rettore e deputato, nato nel 1863; Angelo, statista, 1865; Quirino, fisico, 1871; Dante, giurista e rettore universitario, 1874.
Ettore rivelò una precocissima attitudine per la matematica, svolgendo a memoria calcoli complicati fin dall’età di 5 anni. Gli altri fratelli di Ettore erano: Rosina, Salvatore, che era dottore in legge e studioso di filosofia; Luciano, ingegnere civile, specializzato in costruzioni aeronautiche si dedicò alla progettazione e costruzione di strumenti per l’astronomia ottica; Maria, diplomata a pieni voti in pianoforte al Conservatorio di Santa Cecilia.
Terminati gli studi liceali si iscrisse alla facoltà d’Ingegneria. Fra i suoi compagni di corso vi era il fratello Luciano, Emilio Segrè, Enrico Volterra.
Emilio Segrè, giunto al quarto anno di studi d’ingegneria, decise di passare alla facoltà di fisica.
Segrè riuscì a convincere anche Majorana a passare alla facoltà di fisica, e il passaggio avvenne dopo un incontro con Enrico Fermi.
Ecco il resoconto che Amaldi fa di quell’incontro:
« (…) Egli venne all’Istituto di via Panisperna e fu accompagnato da Segrè nello studio di Fermi ove si trovava anche Rasetti. Fu in quell’occasione che io lo vidi per la prima volta. Da lontano appariva smilzo, con un’andatura timida, quasi incerta; da vicino si notavano i capelli nerissimi, la carnagione scura, le gote lievemente scavate, gli occhi vivacissimi e scintillanti: nell’insieme, l’aspetto di un saraceno. »
Fermi lavorava allora al modello statistico dell’atomo che prese in seguito il nome di Thomas-Fermi. Il discorso con Majorana cadde subito sulle ricerche in corso all’Istituto e Fermi espose rapidamente le linee generali del modello, mostrò a Majorana gli estratti dei suoi recenti lavori sull’argomento e, in particolare, la tabella in cui erano raccolti i valori numerici del cosiddetto potenziale universale di Fermi. Majorana ascoltò con interesse e, dopo aver chiesto qualche chiarimento, se ne andò senza manifestare i suoi pensieri e le sue intenzioni. Il giorno dopo, nella tarda mattinata, si presentò di nuovo all’Istituto, entrò diretto nello studio di Fermi e gli chiese, senza alcun preambolo, di vedere la tabella che gli era stata posta sotto gli occhi per pochi istanti il giorno prima. Avutala in mano, estrasse dalla tasca un fogliolino su cui era scritta un’analoga tabella da lui calcolata a casa nelle ultime ventiquattro ore. Confrontò le due tabelle e, constatato che erano in pieno accordo fra loro, disse che la tabella di Fermi andava bene e, uscito dallo studio, se ne andò dall’Istituto. (…) Majorana era quindi tornato non per verificare se andava bene la tabella da lui calcolata nelle ultime 24 ore, bensì per verificare se fosse esatta quella di Fermi. Fermi aveva lavorato per settimane a quella tabella, Majorana la fece in ventiquattr’ore (considerate che Enrico Fermi è tra i più noti scienziati al mondo principalmente per gli studi teorici e sperimentali nell’ambito della meccanica quantistica e, più in generale, della fisica nucleare, ed è universalmente riconosciuto come uno dei più grandi scienziati di tutti i tempi) .
In seguito Enrico Fermi ebbe a dire: “esistono diversi tipi di scienziati. Ci sono quelli di seconda e terza categoria che fanno grandi scoperte, fondamentali per lo sviluppo della scienza, ci sono infine i geni come Galilei e Newton. Ettore Majorana fu uno di questi”‘
Majorana passò a Fisica e iniziò a frequentare l’Istituto di Via Panisperna: regolarmente fino alla laurea. Si laureò, con il voto di 110/110 e lode presentando una tesi sulla meccanica dei nuclei radioattivi.
Si trasferì all’estero (Lipsia e Copenaghen) e gli fu assegnata dal Consiglio Nazionale delle Ricerche una sovvenzione per tale viaggio che ebbe inizio alla fine di gennaio del 1933 e durò circa sei mesi. L’incontro con Heisenberg fu proficuo.
Il 20 gennaio, in una lettera alla madre scrive:
« All’Istituto di Fisica mi hanno accolto molto cordialmente. Ho avuto una lunga conversazione con Heisenberg che è persona straordinariamente cortese e simpatica ».
In una lettera al padre, il 18 febbraio, scrive:
« ho scritto un articolo sulla struttura dei nuclei che ad Heisenberg è piaciuto benché contenesse alcune correzioni a una sua teoria »
Nel viaggio fatto all’estero fu colpito dall’organizzazione tedesca. Ed ecco come illustra nella medesima lettera alla madre la rivoluzione nazista:
« Lipsia, che era in maggioranza socialdemocratica, ha accettato la rivoluzione senza sforzo. Cortei nazionalisti percorrono frequentemente le vie centrali e periferiche, in silenzio, ma con aspetto sufficientemente marziale. Rare le uniformi brune mentre campeggia ovunque la croce uncinata. La persecuzione ebraica riempie di allegrezza la maggioranza ariana. Il numero di coloro che troveranno posto nell’amministrazione pubblica ed in molte private, in seguito all’espulsione degli ebrei, è rilevantissimo; e questo spiega la popolarità della lotta antisemita. A Berlino oltre il cinquanta per cento dei procuratori erano israeliti. Di essi un terzo sono stati eliminati; gli altri rimangono perché erano in carica nel ’14 e hanno fatto la guerra. Negli ambienti universitari l’epurazione sarà completa entro il mese di Ottobre. Il nazionalismo tedesco consiste in gran parte nell’orgoglio di razza. In realtà non solo gli ebrei, ma anche i comunisti e in genere gli avversari del regime vengono in gran parte eliminati dalla vita sociale. Nel complesso l’opera del governo risponde ad una necessità storica: far posto alla nuova generazione che rischia di essere soffocata dalla stasi economica».
Successivamente Majorana si recò a Copenaghen, dove conobbe Niels Bohr. La frequentazione con Bohr lo portò a conoscere altri fisici importanti dell’epoca, tra i quali C. Møller e Arthur H. Rosenfeld, e a frequentare George Placzek, che già da qualche tempo conosceva.
Si recò sempre più saltuariamente all’Istituto di Fisica di via Panisperna. Sovente se ne stava a casa, non riceveva alcuno e respingeva la corrispondenza scrivendoci di proprio pugno si respinge per morte del destinatario. Curava anche poco l’aspetto fisico e si era lasciato crescere barba e capelli. Ma quello che è certo è che non cessava di studiare. Ecco il ritratto che ne dà, in quel periodo, Laura Fermi:
«Majorana aveva però un carattere strano: era eccessivamente timido e chiuso in sé. La mattina, nell’andare in tram all’Istituto, si metteva a pensare con la fronte accigliata. Gli veniva in mente un’idea nuova, o la soluzione di un problema difficile, o la spiegazione di certi risultati sperimentali che erano sembrati incomprensibili: si frugava le tasche, ne estraeva una matita e un pacchetto di sigarette su cui scarabocchiava formule complicate. Sceso dal tram se ne andava tutto assorto, col capo chino e un gran ciuffo di capelli neri e scarruffati spioventi sugli occhi. Arrivato all’Istituto cercava di Fermi o di Rasetti e, pacchetto di sigarette alla mano, spiegava la sua idea.».
Nel 1937 Ettore Majorana accettò la cattedra di professore di Fisica teorica all’Università di Napoli, dove si legò d’amicizia con Antonio Carrelli, professore di Fisica sperimentale presso lo stesso Istituto di Fisica.
Anche a Napoli Majorana condusse una vita estremamente ritirata, con i suoi malanni che gli davano fastidio e che si ripercuotevano inevitabilmente sul suo carattere e sul suo umore (soffriva di nevrosi gastrica).
La sera del 25 marzo 1938 Ettore Majorana partì da Napoli con un piroscafo della società Tirrenia alla volta di Palermo, ove si fermò un paio di giorni: il viaggio gli era stato consigliato dai suoi più stretti amici, i quali lo avevano invitato a prendersi un periodo di riposo. Il giorno stesso, prima di partire, aveva scritto a Carrelli la seguente missiva:
«Caro Carrelli, ho preso una decisione che era ormai inevitabile. Non vi è in essa un solo granello di egoismo, ma mi rendo conto delle noie che la mia improvvisa scomparsa potrà procurare a te e agli studenti. Anche per questo ti prego di perdonarmi, ma soprattutto per aver deluso tutta la fiducia, la sincera amicizia e la simpatia che mi hai dimostrato in questi mesi… Ti prego anche di ricordarmi a coloro che ho imparato a conoscere e ad apprezzare nel tuo Istituto…; dei quali tutti conserverò un caro ricordo almeno fino alle undici di questa sera, e possibilmente anche dopo.». Ai familiari aveva invece scritto:
«Ho un solo desiderio: che non vi vestiate di nero. Se volete inchinarvi all’uso, portate pure, ma per non più di tre giorni, qualche segno di lutto. Dopo ricordatemi, se potete, nei vostri cuori e perdonatemi.».
Il 26 marzo Carrelli ricevette da Majorana un telegramma in cui gli diceva di non preoccuparsi di quanto scritto nella lettera che gli aveva precedentemente inviato. Lo stesso giorno fu scritta e spedita anche questa ultima lettera:
«Caro Carrelli, spero che ti siano arrivati insieme il telegramma e lettera. Il mare mi ha rifiutato e ritornerò domani all’albergo Bologna, viaggiando forse con questo stesso foglio. Ho però intenzione di rinunziare all’insegnamento. Non mi prendere per una ragazza ibseniana perché il caso è differente. Sono a tua disposizione per ulteriori dettagli.». Ma Majorana non comparve più.
S’iniziarono le ricerche. Del caso si interessò, dietro pressioni di Fermi, lo stesso Mussolini; fu anche proposta una ricompensa (30. 000 lire) per chi ne desse notizie, ma non si seppe mai più nulla di lui, almeno non in modo inequivocabile.
Il professor Vittorio Strazzeri dell’Università di Palermo asserì di averlo visto a bordo alle prime luci dell’alba del 27 marzo mentre il piroscafo sul quale era imbarcato si accingeva ad attraccare a Napoli. Un marinaio asserì di averlo scorto, dopo aver doppiato Capri, non molto prima che il piroscafo attraccasse, e la società Tirrenia, anche se l’episodio non fu mai confermato, asserì che il biglietto di Majorana era tra quelli testimonianti lo sbarco. Anche un’infermiera che lo conosceva sostenne di averlo visto, in questo caso nei primi giorni dell’aprile 1938, mentre camminava per strada a Napoli.
Ma non fu mai trovata nessuna traccia documentata della sua destinazione e le ricerche in mare non diedero alcun esito. Le indagini furono condotte per circa tre mesi e si estesero ad un convento di Gesuiti che si trovava vicino a dove lui abitava, dove pare si fosse rivolto per chiedere una qualche sorta di aiuto. La famiglia seguì anche una pista che sembrava portare al Convento di S. Pasquale di Portici, ma alle domande rivoltegli il padre guardiano rispose con un enigmatico: “Perché volete sapere dov’è? L’importante è che egli sia felice”. Ci fu una ridda di ipotesi, di indizi, ma non si ebbero mai certezze sulla sorte di Majorana: va comunque notato che nelle sue lettere egli non parla mai di suicidio, ma solo di scomparsa, ed era persona attenta alle parole. L’unica certezza tra tante supposizioni consiste nel non indifferente prelievo di una considerevole somma di denaro (alcuni stipendi arretrati) che Majorana fece prima di far perdere le sue tracce, l’equivalente di circa 10 mila dollari attuali, oltre che della sparizione del suo passaporto. Anche questo fatto, unito alla razionalità della mente di Majorana, rende poco probabile l’ipotesi del suicidio. Il giorno prima di salpare da Napoli consegnò alla studentessa Gilda Senatore una cartella di materiale scientifico: questi documenti furono mostrati dopo vari anni al marito di essa, anch’egli fisico. Questi ne parlò con Carrelli che ne parlò con il rettore che li volle: dopo di che le carte si persero.
Varie e suggestive ipotesi sono state fatte sulla scomparsa volontaria di Ettore Majorana, a parte il suicidio, ma nessuna di queste ha finora avuto un riscontro oggettivo.
Gli studi di Majorana diedero un contributo fondamentale allo sviluppo della fisica moderna e affrontarono in modo originale molte questioni: nella sua prima fase pubblicò i suoi studi riguardanti problemi di spettroscopia atomica, la teoria del legame chimico (dove dimostrò la sua conoscenza approfondita del meccanismo di scambio degli elettroni di valenza), il calcolo della probabilità di ribaltamento dello spin (spin-flip) degli atomi di un raggio di vapore polarizzato quando questo si muove in un campo magnetico rapidamente variabile. Il maggior contributo scientifico di Ettore Majorana è tuttavia rappresentato dalla seconda fase della sua produzione, la quale, comprende tre lavori: il lavoro sulle forze nucleari oggi dette alla Majorana, il lavoro sulle particelle di momento intrinseco arbitrario e il lavoro sulla teoria simmetrica dell’elettrone e del positrone, famosa è anche l’equazione di Majorana. Ettore è ricordato, dalla comunità scientifica internazionale, per avere dedotto l’equazione ad infinite componenti che formano la base teorica dei Sistemi Quantistici Aperti (Computazione Quantistica, Crittografia e Teletrasporto). È, infine, divertente ricordarlo per avere introdotto un calcolo sulla probabilità che da una determinata coppia nasca un figlio maschio.
Il 12 aprile 2012 la rivista SCIENCE ha pubblicato uno studio che conferma l’esistenza di fermioni, da lui teorizzati già nel 1938, ossia già ben 74 anni prima.
*Fonti tratte dal web
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